PERCHE' LA CHIESA CATTOLICA NON AMMETTE IL SACERDOZIO FEMMINILE?

Perché non esistono Preti donna? So che gli ordini monastici, frati e suore sono una cosa a parte nella Chiesa, quindi vorrei sapere: perché non esistono preti, vescovi e cardinali donne? La Chiesa è ancora affossata nel maschilismo? Ritiene ancora che gli uomini siano superiori alle donne? La domanda è lecita sopratutto se consideriamo che ai tempi di Gesù alle donne erano riconosciuti ruoli importanti, ad esempio uno dei più importanti evangelizzatori del passato era la discepola Giunia, braccio destro di San Paolo, tant’è che veniva appellata “Apostolo” benché chiaramente non fosse uno dei dodici. (OBIEZIONI E DOMANDE DI NON CREDENTE)

Come fa notare la stessa Chiesa, non ci sono motivazioni pregiudizievoli contro il sacerdozio femminile, né la Chiesa sostiene che la donna sia meno capace dell’uomo. Non ci sono preti donne (nella Chiesa Cattolica e in quella Ortodossa) perché Gesù Cristo non chiamò alcuna donna a far parte dei Dodici.

Mi soffermo adesso su Giunia. Non è scritto da nessuna parte che tale persona fu tra i più importanti evangelizzatori del passato, ancor meno che fosse braccio destro di San Paolo, né sappiamo se fosse davvero una donna o un uomo, né sappiamo se appartenesse realmente alla cerchia degli apostoli. Tirare in ballo tale persona, pertanto, è il classico castello di carte che i laicisti sono soliti imbandire. Cioè stravolgere la verità biblica, asservendola ai propri scopi. Bisnogna sapere che tale Giunia è citata UNA SOLA VOLTA, da San Paolo, a margine della Lettera ai Romani. E’ menzionata tra i saluti finali di tale lettera. Scrive San Paolo:

Salutate Andrònico e Giunia, miei parenti e compagni di prigionia: sono insigni tra gli apostoli ed erano in Cristo già prima di me.

Sin dai primi secoli ci si è chiesto se Giunia fosse donna o uomo. Il dibattito, col passare del tempo, non si è mai esaurito senza arrivare, però, ad alcuna conclusione certa. Taluni, ieri come oggi, sostengono fosse donna, altri che fosse uomo. La questione l’affronterò meglio a breve. Prima di discutere se Giunia fosse uomo o donna, voglio soffermarmi, però, sulle interessanti considerazioni di due importanti studiosi dei manoscritti neotestamentari: Daniel B. Wallace e Michael H. Burer.

La frase di San Paolo che ho riportato in grassetto, letta così, sembrerebbe alludere al fatto che entrambi (Andrònico e Giunia) fossero apostoli. Come, però, ho già avuto modo più volte di dire, la Bibbia non è stata scritta né in italiano, né in altre lingue dei giorni nostri. Le Lettere di San Paolo, nello specifico, sono in greco koinè (che era la lingua franca dell’impero romano). Leggiamo, allora, il testo in lingua originale:

ἀσπάσασθε Ἀνδρόνικον καὶ Ἰουνίαν τοὺς συγγενεῖς μου καὶ συναιχμαλώτους μου, οἵτινές εἰσιν ἐπίσημοι ἐν τοῖς ἀποστόλοις, οἳ καὶ πρὸ ἐμοῦ γεγόνασιν ἐν Χριστῷ

La frase episêmos en (επισημοι εν) tradotta come “insigni tra” può significare anche “ben noti a”. A tal proposito esiste almeno un parallelo degno di nota. Il verso 103 dell’Ippolito di Euripide dice "lei (Afrodite) è venerata e famosa tra i mortali (σεμνή γε μέντοι κἀπίσημος ἐν βροτοῖς.)" Tale brano di Euripide, come si evince anche dall’intero contesto, è sempre stato tradotto in “famosa ai mortali” oppure “ben nota ai mortali”. Trattandosi di una dea, infatti, non avrebbe alcun senso tradurre in “insigne tra i mortali”. Pertanto, anche Andrònico e Giunia potrebbero essere stati “ben noti agl’apostoli” o “famosi agli apostoli” anziché “insigni tra gli apostoli”.

La differenza tra le due traduzioni non è sottile ma enorme. Nel primo caso sembrerebbe che Andrònico e Giunia fossero apostoli, e per giunta insigni, nel secondo, invece, che fossero ben noti agli apostoli o famosi tra di essi. Per capire meglio la problematica, farò un esempio. Esaminiamo attentamente queste due frasi:

Tizio è insigne tra i membri del circolo canottieri

Tizio è ben noto ai membri del circolo canottieri.

La prima frase (seppur non chiarissima) allude al fatto che Tizio sia membro, per giunta insigne, del circolo canottieri. La seconda frase, invece, ci dice che Tizio è ben noto ai canottieri senza la necessità, però, che sia uno di loro. Per capire se Tizio sia davvero, o no, un membro del circolo, basterebbe andare a spulciare l’elenco degli iscritti. Se tra essi non dovesse risultare alcun Tizio, questi allora, pur essendo conosciuto dai canottieri, non sarebbe uno di loro.

Nel caso di Andrònico e Giunia il discorso è però più complesso. Non abbiamo, infatti, un elenco ufficiale da consultare come nel caso dei canottieri. E' possibile, tuttavia, cercare l’eventuale presenza di tali nomi presso altri testi antichi (a cominciare da quelli biblici) in modo tale da chiarirci meglio le idee. Ebbene, Giunia non è menzionata in nessun altro passo del Nuovo Testamento. Gli unici altri testi (NON BIBLICI) che la menzionano sono semplici riferimenti alla Lettera ai Romani. Pertanto, da nessun’altra parte si parla di Giunia come esponente degli apostoli o come persona notabile quanto, appunto, gli apostoli. Per dirla tutta, aldilà della menzione di San Paolo (che ne ha parlato innanzitutto come di una sua parente e compagna di prigionia), null’altro sappiamo di tale Giunia. Non pensate che se questa persona fosse stata una degli apostoli (o rapportabile a essi, o facente parte della cerchia degli apostoli), per giunta insigne, di lei avrebbero parlato anche altri antichi testi (soprattutto neotestamentari)? Di loro, invece, abbiamo solo una brevissima menzione tra i saluti di coda della Lettera ai Romani e i vari commenti a tale lettera dei Padri della Chiesa. Non a caso, alcune bibbie traducono “insigni tra gli apostoli”, altre, invece, “ben noti agli apostoli”. La maggioranza degl’esegeti propende per la prima traduzione, seppur in senso lato; tuttavia, come fanno giustamente notare Wallace e Burer, non si può escludere neppure la seconda. 

Bisogna, fra l’altro, notare un’altra cosa. Tra i saluti della suddetta lettera, leggiamo anche quest’ulteriore frase:

Anch’io Terzo, che ho scritto la lettera, vi saluto nel Signore” (Rm 16,22)

Tale frase non deve far pensare che la lettera non sia di San Paolo (l’epistola inizia con le parole “Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio…”) ma che fu scritta sotto dettatura. Terzo, infatti, era uno scriba (o scrivano, come dir si voglia) che collaborò con San Paolo. Quella ai Romani, di tutte le epistole paoline, è la più lunga. E’ inverosimile, pertanto, che fu scritta in un colpo solo. Decisamente più probabile è che fu redatta nell’arco di svariati giorni o settimane. Non si può escludere, allora, che Terzo potrebbe aver frainteso le parole di Paolo. L’apostolo potrebbe essere stato il solo Andrònico di Pannonia, mentre Giunia, in accordo con le antiche tradizioni, potrebbe esserne stata la moglie o la sorella (anch’essa, a quel punto, ossequiata essendo stata pure lei prigioniera).

http://www.michaelsheiser.com/TheNakedBible/Was%20Junia%20Really%20an%20Apostle%20A%20Re%20examination%20of%20Rom%2016%207.pdf

Un’ultima considerazione va fatta, adesso, in merito al nome Giunia. Tutto dipende da un solo, banalissimo, accento. Se il nome Ιουνιαν, oggi tradotto Giunia, aveva l'accento circonflesso sopra l'ultima vocale (Ιουνιᾶν) era maschile; se, invece, aveva l'accento acuto sulla penultima (Ιουνίαν), allora era femminile. In pratica, nel primo caso dovremmo oggi tradurre Giunias (presumibilmente diminutivo di Junianas), nel secondo, invece, Giunia. Poiché Ιουνιαν è nome latino, mentre la lettera è stata scritta in greco, è difficilissimo, se non addirittura impossibile, stabilire con assoluta certezza, e col senno di poi, se si trattasse davvero di nome femminile o maschile. Non a caso, il dibattito, a riguardo, non si è mai esaurito. Così come non è un caso che i sostenitori di Giunia al femminile siano soprattutto protestanti (protesi a giustificare così il sacerdozio femminile), femministi (pronti a strumentalizzare finanche la storia a fini ideologici) e i laicisti.

Personalmente, comunque, penso anch’io fosse donna, con tutta probabilità moglie di Andrònico di Pannonia. L’espressione ἐπίσημοι ἐν τοῖς ἀποστόλοις (insigni tra gli apostoli), invece, per me, fu usata, né più, né meno, per lodare lo zelo cristiano di tali coniugi disposti al carcere pur di non abiurare la loro fede in Cristo. Del resto, proprio San Paolo, nella stessa lettera, poco prima di nominare Andrònico e Giunia, aveva salutato e lodato altri due coniugi a lui molto cari: Aquila e Priscilla (che San Paolo chiamava col diminutivo “Prisca”). Di loro, egli scrisse:

Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù; per salvarmi la vita essi hanno rischiato la loro testa, e a essi non io soltanto sono grato, ma tutte le Chiese dei Gentili; salutate anche la comunità che si riunisce nella loro casa. (Rm 16,3-5)

Di conseguenza, certe conclusioni sono semplicemente sbagliate. E' sbagliato dire che Giunia fosse tra i più importanti evangelizzatori di quel tempo, come è sbagliato dire che fosse, addirittura, braccio destro di San Paolo. Da quelle due righe, in coda alla Lettera ai Romani, non emerge, infatti, nulla di ciò. A meno di non voler strumentalizzare tale citazione come oggi, tanti, purtroppo, fanno.

Di seguito riporto il link dell’elenco completo dei collaboratori di San Paolo (nomi estrapolati dalle Sacre Scritture):

http://www.gliscritti.it/blog/entry/249

Non lo dico certamente per maschilismo ma è un dato oggettivo che le donne di quell’elenco siano pochissime. Dunque neppure è vero fosse dato loro chissà quale incarico di comando.

Come riportano i Vangeli, al seguito di Gesù c’erano svariate donne, a cominciare da Sua Madre. Eppure Egli non inserì nessuna di loro nella cerchia apostolica. Ebbene, Gesù non fece ciò né per maschilismo, né per conformarsi alle usanze del tempo. Egli ebbe un atteggiamento a dir poco innovativo verso la donna come si evince da tanti racconti evangelici. Dunque, visto il Signore volle così, noi dovremmo semplicemente prenderne atto. Fra l’altro, non capisco il perché insistere tanto col sacerdozio femminile. Se le donne, all’interno della Chiesa, non avessero alcun ruolo, o se fossero trattate da schiave, ci sarebbe di che discutere; poiché le cose non stanno in questo modo, non vedo perché continuare a parlarne (fra l’altro, tra i cosiddetti Dottori della Chiesa ci sono anche svariate donne). Per non parlare poi della Madonna che noi cattolici consideriamo la principale, nonché più importante e grande di tutte le creature di Dio. Le Litanie Lauretane, tra l’altro, la celebrano come:

REGINA DEGLI ANGELI
REGINA DEI PATRIARCHI
REGINA DEI PROFETI
REGINA DEGLI APOSTOLI
REGINA DEI MARTIRI
REGINA DEI CONFESSORI DELLA FEDE
REGINA DELLE VERGINI
REGINA DI TUTTI I SANTI
REGINA CONCEPITA SENZA PECCATO ORIGINALE
REGINA ASSUNTA IN CIELO
REGINA DEL SANTO ROSARIO
REGINA DELLA FAMIGLIA
REGINA DELLA PACE

Chissà come mai, il femminismo dei laicisti, quando si tratta della Santissima Sempre Vergine Maria, si tramuta, nei Suoi confronti, in autentico fastidio o addirittura in odio. Ecco che tali persone, spesso, finiscono per sputare veleno su veleno su di Lei dicendo fosse “solo una donna”; che non fu “Madre di Dio” ma solo madre terrena e che venerarla o anche solo darle importanza equivalga a scadere nell'idolatria. Tutti i diritti che il femminismo laicista vorrebbe fossero riconosciuti alle donne di questo mondo non valgono, di colpo, stranamente, per la persona della Madonna. Non trovate sia una cosa strana o addirittura ridicola (per non dire di peggio)? Nell’odio che certi provano per la Santa Vergine c’è perfino qualcosa di diabolico; del resto proprio Dio disse che avrebbe posto perpetua inimicizia tra la Donna (prefigurazione di Maria Santissima) e il serpente (simboleggiante, invece, il demonio) e che Ella gli avrebbe schiacciato la testa col calcagno.

A me pare, in tutta franchezza, che in nome della parità, stiamo perdendo di vista le cose realmente importi. Ecco che, pretendendo di avere tutti gli stessi diritti e le stesse opportunità, indistintamente, siamo arrivati, addirittura, a delle vere e proprie aberrazioni come, ad esempio, l’equiparazione, ai fini dell’adozione, di coppie etero ed omosessuali. I gay pretendono di poter adottare e in certi paesi questo viene già loro concesso. Loro rivendicano gli stessi diritti delle coppie etero, ma ai diritti dei bambini chi ci pensa? Non è diritto del bambino avere sia una mamma che un papà?  Per spiegare meglio il concetto, farò un esempio:

Supponiamo di trovarci in un paese dove la legge vigente equipara ogni sorta di coppia, indistintamente dal sesso. Il tribunale dei minori, dovendo scegliere a chi dare in adozione un tale bimbo, non potrà né escludere i gay, né avere verso di loro alcuna remora. Supponiamo che, dopo un attento vaglio, il tribunale si concentri su due possibili coppie. Una eterosessuale, l’altra omosessuale. Non potendo scegliere in virtù del sesso, il giudice dovrà scegliere sulla base di altri aspetti: tipo, ad esempio, il fatto se siano brave persone (indispensabile) e la posizione economica. Supponiamo, adesso, che entrambe le coppie siano composte da bravissime persone e che i due gay siano piuttosto ricchi, mentre i due etero siano persone nella media (né ricche, né povere ma in grado di poter tirare su un figlio). Il giudice, a quel punto, con tutta probabilità, sceglierebbe i due gay. Questi ultimi avranno pur avuto ciò che volevano, ossia parità di diritto con gli eterosessuali, ma ai diritti del bambino chi ci pensa? Avendone avuta la possibilità, non era suo diritto avere sia una mamma che un papà, anziché ritrovarsi senza madre e con ben due padri?

Come se non bastasse, chi ancora “osa” dire certe cose viene immediatamente accusato di omofobia, di intolleranza o, addirittura, di razzismo.

Per comprendere più approfonditamente la questione del sacerdozio femminile, invito a leggere il contenuto dei seguenti link:

http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=1044

http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=2042