QUALI SONO LE COSE CHE FANNO ENTRARE IN PARADISO?

Le_Beatitudini

Secondo San Paolo (Lettera ai Galati e Lettera ai Romani) ci si salva per fede e non per le opere della legge

Secondo San Giacomo, invece, la fede senza le opere è morta (Lettera di Giacomo)

La Chiesa Cattolica identifica le suddette opere, menzionate da San Paolo, col cosiddetto “legalismo farisaico” tipico, appunto, dei farisei dell’epoca di Gesù. Persone che si preoccupavano di lavarsi le mani più e più volte al giorno (cosa, fra l’altro, giusta) ma che non si preoccupavano altrettanto di tenere “puliti il cuore e la mente”.

A tal proposito, vale la pena leggere le due catechesi di Benedetto XVI riportate al seguente link:

http://www.gliscritti.it/antologia/entry/311

Per approfondire meglio la questione e capire cosa intendesse San Paolo per "opere della legge", consiglio, invece, di leggere quanto scritto dal buon Padre Angelo Bellon, dell'ordine dei Domenicani, al seguente link:

http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=4745

Il Catechismo della Chiesa Cattolica spiega che si salva chi muore in Stato di Grazia (ovvero, senza peccati gravi sulla coscienza).

Lutero e gli altri padri della Riforma Protestante, interpretando alla lettera alcuni versi di San Paolo, sovvertirono la tradizionale Dottrina della Giustificazione parlando di "sola fide" (sola fede). In pratica, a sentir loro, l'uomo si salverebbe solo e soltanto per fede in Gesù Cristo. Tutto il resto, invece, comprese le buone opere, il rispetto dei 10 Comandamenti e la contrizione non servirebbero a nulla (o, almeno, non ai fini della salvezza). Proprio Lutero, in una lettera indirizzata all'amico Filippo Melantone, scrisse: "pecca fortemente ma credi ancor più fortemente". Cercare di non peccare, in pratica, sarebbe cosa inutile poiché non da questo dipenderebbe la nostra salvezza. Quelle parole di Lutero sono inaccettabili poiché, di fatto, sdoganano il peccato dal quale, invece, dovremmo stare alla larga. Calvino si spinse addirittura oltre affermando che Dio prescelse coloro destinati a salvarsi (gli eletti) ancor prima della creazione del mondo; agl'eletti si contrapporrebbero i reprobi, cioè coloro destinati da Dio stesso alla dannazione. In pratica Dio avrebbe scelto, a suo insindacabile giudizio, chi debba salvarsi e chi no; l'aspetto più assurdo consiste nel fatto che tali eletti sarebbero destinati a salvarsi pur vivendo, eventualemente, nel peccato grave tutta la vita (fino alla morte) mentre i reprobi sarebbero destinati alla dannazione anche nell'eventualità si sforzassero, con tutte le loro forze, di vivere rettamente. Non solo, tutti i non cristiani di questo mondo (compresi coloro che vivevano nelle Americhe prima che arrivassero gli europei) sarebbero destinati a dannarsi poiché non credenti in Cristo.

La Chiesa Cattolica, invece, non dice questo. Si danna chi muore privo di Grazia divina. Lo Stato di Grazia lo si perde commettendo anche solo un singolo peccato grave. Affinché il peccato lo si possa considerare tale (è detto anche mortale) sono necessarie, però, 3 cose: 

1) Materia Grave 

2) Deliberato Consenso 

3) Piena Avvertenza della Mente.

La Materia Grave consiste nella trasgressione dei 10 Comandamenti (anche solo di uno, non necessariamente di tutti). 

Deliberato Consenso significa, invece, che dobbiamo acconsentire al peccato; faccio un sempio, là dove ci passasse per la mente un pensiero impuro ma, anziché accoglierlo, lo rigettassimo immediatamente, saremmo in presenza di una tentazione e non di un peccato grave poiché non abbiamo acconsentito a quel pensiero. Il discorso circa la piena avvertenza della mente va rivolto, innanzitutto, alle persone incapaci di intendere e volere ma non solo a loro; se, ad esempio, dormendo ci capitasse di fare un sogno dal contenuto peccaminoso, non avremmo comunque commesso peccato perché durante il sonno non vi è piena avvertenza della mente (e neppure il deliberato consenso); anche l'ignoranza religiosa può scusare, in base ai casi, tante cattive azioni. Se Tizio, ad esempio, non ha la minima idea che commettere una tale cosa equivalga a peccare gravemente, il peccato, allora, è solo veniale e non mortale (si dice mortale perché a lungo andare porta alla "morte", o meglio, alla dannazione dell'anima). Non ci è lecito, pertanto, giudicare l'anima altrui poiché solo Dio sa, realmente, in che stato essa si trovi; a Lui e soltanto a Lui, spetta il giudizio delle anime. 

Noi cattolici (come pure gli ortodossi), dopo aver peccato gravemente, siamo tenuti alla Confessione, chiamata anche "Sacramento della Riconciliazione" poiché attraverso di essa ci riconcilaimo a Dio. Per i cristiani non cattolici (e non ortodossi), là dove siano nati e cresciuti con una confessione cristiana diversa, non vi è tale obbligo; essi, infatti, rigettano la Confessione in buona fede poiché è stato insegnato loro, sin da piccoli, a non farla o a considerala inutile. Dio, allora, nelle Sue infinite vie, non lascerà nulla di intentato affinché anche ad essi non manchi l'opportunità della salvezza (compresi i non cristiani). Il Cattolicesimo, pertanto, non considera nessuno spacciato a priori. Infatti, concorrono alla salvezza sia la fede in Dio, sia le buone azioni, sia il pentimento. Diverso, invece, è il discorso per chi ha abiurato, volutamente e deliberatamente, la vera fede per seguire altre religioni o, addirittura, per l'ateismo o l'agnosticismo. Non si può piacere a Dio se non si crede ad Esso.

Là dove un cattolico, in punta di morte, si trovasse impossibilitato a confessarsi (ad esempio per mancanza del sacerdote), pentendosi e chiedendo perdono a Dio certamente sarebbe salvo. Il Signore stesso, in quel momento, sarebbe suo confessore; Dio, infatti, non vuole la dannazione di nessuno, men che meno ha già deciso chi dovrà salvarsi e chi dannarsi.