LO ZENDA-AVESTA E' SIMILE ALLA GENESI?

avesta

Innanzitutto bisogna precisare che la raccolta sacra dello zoroastrismo non si chiama Zend-Avesta (come certi sedicenti autori scrivono), ma solo Avesta. Gli “Zend” sono i commenti all’Avesta. Effettivamente è possibile che esistano parallelismi tra quanto scritto negli "Zend" e l'Ebraismo e il Cristianesimo; sapete, però, quando furono scritti tali “commenti” (Zend)? Nel XVIII secolo. A scanso di equivoci, sottolineo che il 18° secolo in questione fu quello dopo Cristo. Penserete sia un falso problema poiché un “commento”, di solito, si rifà, comunque, all’opera originaria. Ebbene, dovete sapere che dell’Avesta antico, quello, per intenderci, precristiano, ci sono pervenuti solo alcuni spezzoni, nessuno dei quali mi risulta contenga reali analogie con la Genesi e più in generale con la Bibbia. L’Avesta, nei secoli dopo Cristo, fu poi implementato di ulteriori racconti. E’ possibile, allora, che certe similitudini siano emerse in rielaborazioni post-cristiane. Detto ciò: perché dovrei credere che gli ebrei prima, ed i cristiani poi, abbiano scopiazzato un testo che, in realtà, è stato scritto parecchi secoli dopo la Bibbia? 

I Parsi , dopo essere vissuti in Persia in epoca post-cristiana, e trasferitisi in India attorno all’ VIII secolo dopo Cristo, sono gli unici, ad oggi, a portare avanti lo zoroastrismo. Ebbene, proprio loro fanno risalire tale religione a qualche secolo prima di Alessandro Magno, dunque quando l'ebraismo già esisteva da secoli e secoli.
 

http://www.treccani.it/enciclopedia/avesta/
 
http://www.treccani.it/enciclopedia/avesta_(Enciclopedia-Italiana)/
 
http://www.treccani.it/enciclopedia/zaratustra/
 
http://www.treccani.it/enciclopedia/zoroastrismo/
 
L’essere supremo Ahura Mazda (conosciuto anche come Ormuzd) creò l’universo e l’uomo in 6 successivi intervalli di tempo, secondo il seguente ordine: il cielo, le acque, la terra, gli alberi e le piante, e infine l’uomo. Dopo aver finito il creatore si riposò. Il racconto della creazione contenuto nell’Avesta si limita ad un semplice elenco, ma nel libro chiamato Bundehesh, in cui viene esposta una completa cosmogonia, c’è una storia molto più dettagliata dell’origine della specie umana. Questo libro dichiara che Ahura Mazda creò il primo uomo e la prima donna insieme, uniti di schiena, poi dopo averli divisi li dotò di movimento e attività, diede loro un’anima intelligente e gli ordinò di “avere un cuore umile, di osservare la legge, di essere puri nel pensiero, nella parola e nell’azione”. Così erano nati Mashye e Mashyana, la coppia da cui discendono tutti gli esseri umani.
 
Anche nella leggenda persiana, dopo la creazione, l’uomo venne tentato e cadde: un demone malvagio, mandato dal principe dei diavoli AHRIMAN (ANGRA MAINYU) si presentò sotto forma di serpente e gli offrì il frutto dell’albero fantastico, un frutto che li avrebbe resi immortali. Nei loro cuori entrarono quindi pensieri diabolici e la loro eccellenza morale ne uscì distrutta, di conseguenza essi caddero e persero il diritto alla felicità eterna a cui erano destinati. Essi uccisero delle bestie, e si vestirono delle loro pelli. Il demone malvagio riuscì a soggiogare le loro menti ed evocò invidia, odio, discordia e ribellione che cominciarono a imperversare ovunque (brani tratti da "Il libro che la tua Chiesa non ti farebbe mai leggere).
 
Come già detto, non esiste alcuna prova che certi testi risalgano davvero al periodo precristiano. Neppure sappiamo quando nacque realmente il mazdeismo (o zoroastrismo, che dir si voglia), né sappiamo se il suo fondatore, Zarathustra, sia realmente esistito. Riguardo alla vita di questo misterioso personaggio, sono state proposte le datazioni più disparate: c’è chi sostiene sia vissuto circa 2000 anni prima di Cristo (durante l’età del bronzo), altri sostengono, invece, che visse circa 3 o 4 secoli prima di Alessandro Magno. Ancor meno sappiamo circa il fatto se Zarathustra mise o meno per iscritto la propria dottrina. James Darmesteter, che è stato tra i principali studiosi dell’Avesta, sosteneva con fermezza che furono i seguaci di Zarathustra a scopiazzare l’ebraismo e non viceversa. Xanto di Lidia, storico greco vissuto nel V sec. a.C. , fu colui che, probabilmente, fece per primo il nome di Zarathustra utilizzando il nome Ζωροάστρης (Zōroástrēs) derivato da un'alterazione del nome originario. Secondo Xanto, Zarathustra sarebbe vissuto 6000 anni prima del persiano Serse (in pratica, in pieno neolitico). Secondo Plinio il Vecchio, invece, Zarathustra (o Zoroastro, comunque lo si voglia chiamare) visse 6000 anni prima di Platone. Arnobio di Sicca sostenne, invece, che il medico e geografo greco Ctesia di Cnido indicò in Zōroástrēs un re della Bactriana (antico nome di un’attuale regione dell’Afghanistan). Luciano di Samosata (scrittore sofistico greco-siriano) considerava Zoroastro un astrologo babilonese nonché, secondo lui, maestro di Pitagora (VI, V secolo a.c.); dello stesso avviso Porfirio (filosofo greco) e Ammiano Marcellino (storico romano). Infine, secondo i Parsi, Zarathustra visse alcuni secoli prima di Alessandro Magno.
 
Dunque, c’è n’è di tutto e di più. Neppure, allora, sappiamo se questo fantomatico personaggio sia realmente esistito o meno, così come non sappiamo in che periodo storico collocarlo. La forbice è incredibilmente ampia. Tralasciando i 6000 anni menzionati da Xanto di Lidia e da Plinio il Vecchio, oggi gli studiosi lo collocano tra il XVIII secolo a.c. e il VI a.c. (la forbice è di ben 12 secoli). Di riflesso non sappiamo neppure quando s’iniziò a scrivere l’Avesta, così come non si possono datare con certezza i tanti pezzi componenti tale raccolta. Di certo non ne possediamo una copia particolarmente antica (cioè di epoca precristiana). Tutte quelle oggi esistenti, per quanto ne sappia, risalgono a dopo Cristo. 
 
Ma leggiamo, adesso, qualche estratto dall’enciclopedia Treccani:
Età e luogo d'origine. - Il problema dell'età e del luogo d'origine dell'Avestā è strettamente collegato con quelli dell'età di Zarathustra e del luogo dov'egli esercitò la sua predicazione; ciò almeno per le Gāthā, che al profeta stesso si fanno generalmente e non senza fondamento risalire. Su tutti e due questi problemi vi è gravissimo dissenso e nella tradizione e nelle opinioni dei moderni. La tradizione dei Pārsi pone l'età di Zarathustra a 300 anni prima di Alessandro Magno e molti degli studiosi moderni hanno accettato questa data. Altri però osservano che la tradizione pārsi è destituita di valore, frutto com'è di speculazione teologica intesa a fissare le varie età del mondo, e opinano che, dato il carattere arcaico della lingua gāthica per il quale essa si pone sullo stesso piano della lingua vedica, si debba far risalire la vita di Zarathustra e l'origine delle Gāthā circa al 1000 a. C. Un argomento di qualche peso è quello addotto dal Tiele (Gesch. der Religion im Altertum, II, Gotha 1898, p. 40 segg.), il quale ha osservato che, mentre il nome del dio supremo è Mazdāh, Ahura o Mazdāh Ahura, più raramente Ahura mazdāh nelle Gāthā ed Ahura Mazdāh nell'Avestā recente, con tutti e due gli elementi declinati, nelle iscrizioni degli Achemenidi si ha Ahuramazda come composto, non essendo il primo elemento più declinato. È da ammettere che un certo spazio di tempo separi le Gāthā dalle iscrizioni degli Achemenidi se il nome del dio più importante ha subito una modificazione così notevole che lo ha avvicinato alla forma medio-persiana Ōhrmazd.
 
Come si evince da quel che scrive la Treccani, il nome dell’essere supremo del brano sopra citato (quello relativo alla creazione in 6 step) era già cambiato da come riportato, invece, nella cosiddetta Gāthā cioè la parte più antica dell’Avesta. La Treccani lo accosta alla forma medio-persiana Ōhrmazd (probabilmente l’Ormuzd di cui sopra). Ebbene, la lingua persiana viene suddivisa, generalmente, in tre fasi: Antico Persiano (tra il II e il I millennio a.c.), Medio Persiano (tra il 300 a.c. e il 900 d.c.) e Neopersiano (detto anche Parsi) dal IX d.c. in avanti. Il testo riportato, anche a volerlo considerare precristiano, risale comunque a diversi secoli dopo l’Antico Testamento. Perché dovremmo credere che furono gli ebrei a copiare (o a essere influenzati) e non viceversa? Finanche le parti presumibilmente più antiche dell’Avesta non sono databili con certezza. L’arcaicità del linguaggio in cui fu scritta la Gāthā ha fatto pensare che tale testo fu scritto addirittura nel II millennio a.c. ma la filologia è tutt’altro che una scienza certa. Leggiamo, ancora, cosa scrive a riguardo l'enciclopedia Treccani:
 
Comunque sia, dato che l'arcaicità della lingua può essere anche soltanto il prodotto d'un maggiore conservatorismo linguistico di una data regione e la differenza formale del nome del dio si può ben spiegare considerando le due forme come semplici varianti della stessa forma in ambiente diverso, anche le ragioni a favore di una così grande antichità non hanno molto valore probativo. Non è dunque possibile, allo stato delle nostre conoscenze, affermare alcunché intorno all'origine delle Gāthā sulla base di siffatti argomenti, anche perché nell'Avestā tanto gāthico quanto recente pare sia deliberatamente evitato ogni riferimento ad avvenimenti del tempo; e quei riferimenti che si sono voluti ritrovare, per es. l'identificazione di Vištāspa, patrono e fautore della riforma di Zarathustra, con Istaspe, padre di Dario, non hanno fondamento. L'unico argomento che può aver peso è quello dell'evoluzione della dottrina stessa, la quale deve indubbiamente avere richiesto un grande spazio di tempo. Se, secondo le testimonimze che si hanno in Erodoto e nelle stesse iscrizioni cuneiformi dei Grandi Re, la religione ha già nel periodo achemenide caratteri naturistici che la staccano dalla schietta fase dottrinaria delle Gāthā, è necessario per queste risalire a parecchi secoli prima degli Achemenidi; giacché anche se si ammette, come noi ammettiamo, che il mutamento subito dalla dottrina coincide con un mutamento d'ambiente, prima che il verbo zarathustriano possa aver preso corpo nella religione naturistica da esso rinnegata, costituendo una nuova religione unitaria e vitale, deve essere intercorso parecchio tempo. Ma più di questo non è possibile presumere, e la data delle Gāthā oscilla dunque nello spazio di ben cinque secoli. Nell'Avestā recente sono compresi prodotti delle età più diverse; accanto all'inno in cui v'è il richiamo all'oppressione babilonese sul mondo iranico (il serpente Aži Dahāka ha sede in Bavriž cioè Babilonia), si ha la tarda esercitazione del sacerdote che cuce formula a formula e ne fa un inno. Per gli Yašt, che si considerano fra i più antichi - fra essi anche il 5° in cui è l'accenno a Babilonia - il Lommel, sulla base d'importanti indizî linguistici, postula come data di composizione gli ultimi tempi degli Achemenidi. Tuttavia v'è da obbiettare che, mentre la fissazione definitiva di un inno può essere avvenuta in epoca tarda, l'inno stesso o le sue parti possono avere dietro a sé un'esistenza più o meno lunga, sia nella tradizione orale sia nella tradizione scritta. Che d'altra parte nell'Avestā recente e fra gli stessi Yašt vi siano più o meno riuscite imitazioni compilate solo nell'età degli Arsacidi e forse anche dei Sāsānidi non si può con sicurezza escludere. La stessa oscurità regna circa il luogo d'origine dell'Avestā, e ciò dipende soprattutto, oltre che dalla scarsezza dei riferimenti geografici che vi sono contenuti, dal fatto che manca un giudizio sicuro sul posto che l'avestico occupa nella dialettologia dell'Īrān antico. La tradizione pārsi fa nascere il profeta nelle regioni occidentali dell'Īrān, secondo qualche testo nella regione di Raghā (Ράγαι, pers. mod. Ray, non lontano da Ṭeherān), secondo qualche altro nella Media Atropatene. Ma su questa tradizione non si può fare assegnamento, poiché essa può avere avuto origine quando la Media diventò il centro dello zoroastrismo, ad opera dei Magi i quali certo dovevano tenere a far nascere il profeta nella propria patria. Tuttavia con questa tradizione si accorderebbero i risultati delle indagini di Paul Tedesco sulla dialettologia iranica (in Le Monde Oriental, XV, p. 184 segg.), secondo i quali il dialetto che sta alla base della lingua avestica è un dialetto iranico nord-occidentale. Ma anche questi risultati sono messi in dubbio e molti studiosi; persistono nel credere che l'Avestā abbia avuto origine nelle provincie orientali alle quali rimandano la tradizione delle lotte del re Vištāspa per la fede, e secondo qualche studioso (il Junker) anche un fatto specifico del dialetto avestico, cioè il trattamento di rt, il cui esito in avestico viene messo in rapporto con l'esito dello stesso nesso in afghāno. Il Meillet, a comporre il dissidio fra i dati linguistici accertati dal Tedesco e i dati culturali che pongono la culla dell'Avestā nelle provincie orientali dell'Īrān, ha pensato che Zarathustra, di origine e di dialetto occidentali, può avere continuato, fuori dalla propria regione, la sua predicazione, servendosi della lingua materna così come gli apostoli Cirillo e Metodio in Moravia predicavano nella lingua della Macedonia.È un fatto che fra le Gāthā e l'Avestā recente vi sono diversità che escludono un'origine identica, e che non possono, d'altra parte, essere spiegate, ammettendo, come si ammette generalmente, che il mondo espresso nell'Avestā recente sia quello della religione popolare, risorta non appena si spense l'eco della parola del riformatore.
 
La Bibbia, oltre che testo religioso, narra anche la storia del popolo ebraico. Non si può dire, invece, che l’Avesta faccia qualcosa di analogo. Attraverso scienze più certe della filologia, come ad esempio lo è l’archeologia, è stato possibile trovare svariati riscontri storici a quanto narrato nella Bibbia. Il che ha permesso, anche, di formulare ipotesi più o meno fondate circa il periodo in cui gli ebrei misero per iscritto i loro testi sacri. Con l’Avesta, invece, non si può fare altrettanto. Oggi sappiamo che Davide esistette davvero; non vi è, pertanto, alcun motivo di pensare che i Salmi più antichi non risalgano a lui. Così come sappiamo esistette suo figlio Salomone. Entrambi vissero circa 1000 anni prima di Cristo. L’editto di Ciro, prima, e quello di Artaserse, poi, permisero agli ebrei non solo di tornare nelle loro terre ma anche di riedificare il tempio di Salomone. Tutto ciò significa che la religione ebraica, all’epoca, esistesse già (contrariamente a coloro che dicono nacque solo dopo l’esilio babilonese) così come già esisteva parte della Bibbia. Ad oggi, invece, non riusciamo ancora a datare in alcun modo l’Avesta.